martedì 28 febbraio 2012

ENI fra rebranding e storytelling


Come molti forse avranno notato ENI, nota azienda italiana del settore energia e gas, ha cambiato volto recentemente.
Non si tratta solo di "Uno cane", il tenero pupazzo dello spot pubblicitario, rivisitazione del "Cane a sei zampe" (emblema mitico del brand), ma di un ripensamento generale della strategia comunicativa che circonda il brand ENI, per la quale sono stati spesi 600 milioni di euro.
L'operazione partita dall'Italia si estenderà al resto del mondo per concludersi nel 2014 e prevede una serie di azioni ben precise dalla forte valenza comunicativa: la rivisitazione del logo (il brand Eni oggi), l'abbandono progressivo del brand AGIP sostituito progressivamente da ENI, le nuove campagne pubblicitarie...
All'interno di questo forfait gli spot mi sembrano particolarmente significativi in quanto mostrano in modo esplicito il contenuto di questa nuova strategia basata in entrambi i casi che vedremo, sull'utilizzo della tecnica dello storytelling.
Il caso più recente e che molti, credo, ricorderanno, è la partecipazione di ENI al Festival di Sanremo come sponsor ufficiale. L'operazione chiamata "Tante storie, una storia..." ha visto Gianni Morandi impegnato quale conduttore delle cinque telepromozioni, ad accompagnare i telespettatori all'interno delle storie ispirate alla realtà dell'azienda, agli uomini e alle donne che vivono e respirano la cultura di ENI.
Fra i temi trattati: l'innovazione,la condivisione, la cooperazione, il dialogo. Un'opera magistrale di corporate storytelling creata da ENI in collaborazione con TBWA/Italia, gli Hello, Savants! (gruppo di sette giovani artisti italiani esportati in Olanda) e Ilaria Bernardini (giovane scrittrice di cinema e tv e presentatrice televisiva).
Ma qualcosa ancora prima mi aveva fatto riflettere. E torniamo un po' indietro nel tempo...allo spot ENI luce & gas che propone le storie di Rugolo e di Uno cane o meglio "Le avventure del dottor Bang e del cane a sei zampe".


Una semplice campagna per presentare la nuova offerta in termini di luce e gas a noi comuni acquirenti mi direte. No, credo che ci sia molto più di questo!
Il carattere istituzionale e freddo di ENI è improvvisamente mutato alla comparsa di questi simpatici pupazzi (in formato muppets).
In questo caso il corporate storytelling si trasforma in storyselling o marketing narrativo con una duplice funzione: avvicinare il cliente ai prodotti ENI aumentando la sua conoscenza sull'offerta ed umanizzare il brand, renderlo più "accessibile", più caldo e decisamente più friendly. Un caso eclatante, sotto gli occhi di milioni di italiani che mi ha aiutata a dimostrare in questi mesi l'importanza dello storytelling, anche per un brand consolidato, per un'azienda leader come ENI. L'umanizzazione del marchio sposata in questa campagna, non è altro che una declinazione della strategia comunicativa basata sulla necessità di rebrandizzare, facendo conoscere un nuovo volto dell'azienda, narrandola per l'appunto.
Questi pupazzi sono riusciti ad aumentare la visibilità dell'azienda e anche a renderla più friendly in poco tempo: lo dimostrano le numerose pagine su Facebook dedicate alle avventure di Rugolo e di Uno cane.
Lo testimonia lo stesso Gioacchino Costa (marketing e client retail di ENI) in un'intervista a YouMark! (link all'intervista): il ricordo spontaneo dello spot è stato del + 12% nei primi 4 mesi.
Una case history  molto stimolante, un'azienda da seguire nei prossimi mesi per valutare l'evoluzione della strategia e le sue declinazioni future. Ed infine una tecnica, lo storytelling che aiuta a raccontare realtà spesso complesse attraverso immagini, suoni, sensazioni, emozioni...
To be continued...


ps. per ulteriori dritte sull'argomento consiglio le seguenti pagine...
http://www.eni.com/it_IT/media/note-stampa/2012/2012-02-13-eni-al-festival-sanremo.shtml?home_2010_it_tab=editorial
http://www.gestoricarburanti.it/redazione/il-settore/le-compagnie-petrolifere/2957-eni-600-milioni-di-euro-per-il-rebranding

lunedì 27 febbraio 2012

Young communication professionals...stay humble!



Eccovi un piccolo frammento del video (link al video - advice for communication professionals) ideato dalla IE School of Communication di Madrid durante il 14° ICIG Symposium nel quale sono stati invitati alcuni fra i più eminenti teorici e docenti di comunicazione.
Il filmato molto interessante, presenta alcuni consigli rivolti ai giovani comunicatori per potersi muovere nel mondo della corporate communication, un mondo in continua evoluzione.
Fra i relatori: Emanuele Invernizzi, docente presso l'Università IULM di Milano, Helen Stuart dell' Australian Catholic University, Stephen Greyser della Harvard University, Angel Alloza, CEO Corporate Excellence- Centre of Reputation Leadership.    
Fra i diversi messaggi l'invito a restare delle persone umili e disponibili, a lavorare con passione, a essere curiosi e avere sempre delle ambizioni. Il professor Invernizzi parla di imprenditorialità: i giovani comunicatori devono essere imprenditori di sé stessi e dell'azienda in cui lavorano, preparati ad agire "perché qualsiasi azione è in sé un atto comunicativo". Non mancano gli accenni alla comunicazione 2.0: il comunicatore deve conoscere le reti sociali ed essere pronto ad utilizzarle creando connessioni e gestendo i new media in modo efficace. Greyser sottolinea inoltre l'importanza di far parte di una cultura organizzativa, respirare l'identità di un'azienda ed esserne al centro.
Ma è Angel Alloza che sintetizza il tutto raggiungendo il cuore della questione con queste poche parole "Be proactive in building connections, in being where things are happening".
I comunicatori 2.0 sono chiamati a stare al passo con i tempi, attenti e vigili, anticipando le tendenze ed interpretando i macro-sistemi politici ed economici che sottendono al mondo della comunicazione.
Un video che riesce bene a catturare la situazione mediatica attuale: 10 brevi lezioni di professionisti della comunicazione che si rivolgono ai nuovi adepti per spiegare come muoversi nel mondo multiforme della corporate communication.

venerdì 24 febbraio 2012

Place branding & corporate storytelling


Mi sono recentemente occupata di casi di corporate storytelling e mi sono subito appassionata al settore, in particolare mi sono occupata nei miei studi dell'utilizzo della narrazione per sostenere l'identità di un'impresa, di un'organizzazione o di una comunità.
E' così che...navigando sulla rete ho trovato questa case history veramente eccezionale che si ricollega al nostro discorso sul place branding. Ho pensato di riproporvela per sentire anche i vostri commenti se ne avete.
Si tratta del caso Inspired by Iceland, un progetto promosso dall'ente del turismo islandese per rendere visibile il Paese e le sue meraviglie ed attrarre più turisti. Il progetto si basa su una serie di campagne pubblicitarie, ed un sito internet ufficiale (Sito ufficiale Inspired by Iceland) nel quale viene proposto il nuovo spot (Islander) molto simpatico in cui si vede un Paese pronto ad aprire le proprie porte al mondo (compare anche la figura del Presidente Grìmsson), il film diretto da Rupert Murrey  sul territorio e l'ospitalità degli islandesi e un link apposito dove accettare l'invito della popolazione a visitare l'Islanda (vengono fornite sullo stesso sito tutte le indicazioni per raggiungere l'isola e tutte le informazioni utili per visitare il Paese).
Sempre sul sito è possibile postare la storia del proprio viaggio in Islanda  (Tell us your story). Ogni storia è corredata da fotografie e geograficamente localizzata sulla mappa dell'isola per mostrare i luoghi visitati.
Ce ne sono tantissime, basta andare sul sito e godersi il racconto dei luoghi magici attraverso gli occhi di chi c'è stato.
Lo spot riportato sopra è un altro esempio simpatico dell'intera campagna! Enjoy!
Quindi un buon esempio di place branding associato allo storytelling.Verrebbe quasi voglia di partire subito!!!Voi che ne dite?
 

Place branding - City Innovation Lab

Abbiamo iniziato parlando della comunicazione a 360°, parliamo ora di una case history  particolare: come comunicare il territorio. Ho letto di recente della nascita del City Innovation Lab, un progetto che vede impegnata l'Università Cattolica ed una rete internazionale di centri di ricerca.
Ma cos'è esattamente il place branding? Si tratta di un approccio metodologico introdotto da Simon Anholt, Philip Kotler (guru e teorico della marca), Gold e Ward, che si occupa di valorizzare l'identità di un territorio: nazioni, città, regioni e province, ma anche piccole realtà locali (le nostre valli per esempio, ricche di tesori nascosti, spesso poco conosciuti al pubblico nazionale ed internazionale).
Il place branding è uno strumento vivace di comunicazione e promozione dei territori, ancora poco conosciuto in Italia, ma estremamente efficace, al margine tra comunicazione e marketing, ma anche alla base di un sistema di policy making che si basa sull'interazione fra politiche sociali, culturali e di progettazione urbana.
A questo proposito il City Innovation Lab, nato all'interno delle Alte Scuole dell'università milanese, si propone di rinnovare il dibattito relativo al place branding, suggerendo nuove strategie e nuovi obiettivi e coinvolgendo anche la città di Milano, con un progetto reale che promuova le politiche territoriali e culturali di una città di snodo del centro-nord italiano. Certamente se puntiamo uno sguardo agli appuntamenti previsti per la città lombarda, in particolare l'Expo 2015, ripensare la città ed il territorio in funzione della comunicazione è un obiettivo fondamentale, per saper promuovere al meglio il nostro Paese nel mondo sfruttando questa piccola opportunità.
Ma il place branding è ancora più importante a livello di strategie politiche e di mercato se solo pensiamo alla  sua applicazione in ambito nazionale: studiare il rilancio del nostro Paese all'internazionale utilizzando nuove strategie comunicative sotto l'egida del place branding è un elemento che deve far riflettere i nostri uomini politici ed il business italiano. Lavorare sulla corporate reputation del nostro Paese è un obiettivo a cui il governo sicuramente mira. L'utilizzo di uno strumento come il place branding può aiutare, non certo a cambiare i risultati finanziari del Paese ma può essere un elemento di rilancio da considerare, anche in vista dell'Esposizione Universale.
Altro grande tema riguarda le piccole comunità locali che potrebbero beneficiare di maggiore visibilità attraverso strumenti di promozione mirati a risvegliare l'interesse verso luoghi inusuali e tradizioni del passato: ricordiamo che a livello di territorio, l'Italia é un Paese molto ricco e variegato (ogni regione ha particolari usi e costumi, piatti tipici, tradizioni, canti...).
La tavola rotonda svoltasi il 6 febbraio presso la Cattolica di Milano dal titolo “Place Branding. Un nuovo approccio interdisciplinare per la valorizzazione e il posizionamento internazionale di città e territori” ha provato a dare una risposta a tutti questi quesiti (link al sito della tavola rotonda). Da essa è emersa l'esigenza di continuare ad indagare sull'argomento per nuove strade alle politiche sociali ed internazionali, operando attraverso strategie comunicative capaci di abbattere le frontiere e creare un dialogo aperto.
Esempi di place branding italiano al sito: http://italianbranding.wordpress.com/

 

"Comunico quindi esisto"



Eccoci qui! Lesson n° 1. Oggi volevo parlare del processo di comunicazione.
Cosa significa comunicare? La spiegazione classica parla di mittente, messaggio, destinatario, a cui si aggiungono secondo Jakobson il codice, il canale ed il contatto. Da qui le sei funzioni del linguaggio: emotiva, conativa, referenziale, poetica, metalinguistica e fatica.
Entrando nel merito di questo processo possiamo individuare il comunicare come un atto di relazione che presuppone un feedback diretto o indiretto fra mittente e destinatario.Quest'azione è intrinseca all'uomo il quale non può non comunicare  secondo quanto dice anche Watzlawick nei suoi assiomi. L'uomo comunica perché in quanto tale, è un animale sociale e razionale (Aristotele), pertanto egli esprime la propria volontà, il proprio pensiero, attraverso atti diretti (il dialogo,la parola) o indiretti (i gesti, le espressioni, i comportamenti).
Anche i singoli gesti comunicano, siano essi fatti consciamente o inconsciamente (pensiamo agli atti mancati di Freud, argomento di cui mi sto occupando in questi giorni).
Ciò è ancora più vero se invece di parlare di individui, facciamo riferimento a delle comunità di persone: associazioni, organisimi politici, corporazioni, imprese, enti locali...
Individui e aziende comunicano per il semplice fatto di esistere e lo fanno attraverso le proprie parole, ma anche i gesti, le azioni, il proprio lavoro e comportamento all'interno del sociale.
E' naturale quindi che la comunicazione risulti essere uno specchio attraverso il quale ciascuno si presenta all'altro, un modo per tessere delle relazioni, che saranno più forti, quanto più ciò che comunico sarà fedele alla mia persona ed a ciò che faccio. "Un dire è sempre un fare" ci dice Austin.
Questo binomio dire-fare é il nocciolo della nostra relazione: se un dire è sempre un fare, è necessario che ciò che diciamo sia il più possibile conforme alla nostra realtà.
Si tratta di un assunto fondamentale, derivante da studi che vanno dalla linguistica alla filosofia.
 "Comunico quindi esisto" vuole essere allora il primo mattoncino di questa grande casa che costruiremo insieme nei mesi a venire, assioma che non a caso dà il titolo ad un interessante libro di Caruso sull'importanza della comunicazione.
Prima che vi addormentiate, prometto, non vi tedierò sempre con meri tecnicismi, ma almeno questa volta concedetemelo: a volte é bello saper partire dalle cose grandi per arrivare alle piccole!

giovedì 23 febbraio 2012

Work in progress!


Salve a tutti!
Benvenuti al battesimo di questo nuovo blog: un piccolo spazio nato per dare sfogo alla mia creatività ma anche come sfida nei confronti di me stessa.
L'idea nasce dalla volontà di aprire gli orizzonti della comunicazione, analizzare le sue forme e le sue evoluzioni con occhi nuovi.Vorrei ridarle quella dignità che sembra aver perso in questi ultimi anni,soprattutto nel nostro Paese. Personalmente la ritengo un ambito molto interessante, non tanto come disciplina in sé, quanto come strumento indispensabile che attraversa le nostre vite. Pertanto la mia visione sarà multiprospettica, capace di abbracciare i diversi campi del sapere che trattano di comunicazione, che l'utilizzano e che la studiano: dalle discipline economiche (economia della comunicazione aziendale) alla psicologia (psicologia della comunicazione), dalla linguistica (la retorica da Aristotele ad oggi) alla semiotica.
Mi focalizzerò in modo particolare sulle strategie di comunicazione aziendale e sul  brand, approfondendo tematiche come la corporate identity, image e reputation, con uno sguardo attento rivolto ai media on e off-line.
Word-of-mouth nasce oggi un po' per gioco, un po' per passione, quella passione che mi ha spinta a credere molto nelle capacità della parola. Per questo ho deciso di chiamare il blog word-of-mouth (che vuol dire letteralmente "ad alta voce", ma anche "passaparola"), per ricordare l'importanza delle parole e della relazione nel processo di comunicazione. Ad oggi il passaparola è ancora uno degli strumenti di comunicazione più potenti, e lo dico a voi che siete capitati qui, forse per caso, e state leggendo questo post....oggi è nato un nuovo modo di fare comunicazione e ne parleremo qui insieme...quando vorrete!
Allora cosa aspettate...passate parola!