lunedì 31 dicembre 2012

Per il 2013... #tengounplan anche io!


Ogni ultimo dell'anno faccio una lista di buoni propositi per l'anno nuovo... propositi che, per la verità, di solito rimangono su un pezzo di carta accartocciato in fondo al comodino.
Forse è per questo che il nuovo spot di Desigual mi ha catturata all'istante.

La vida es chula è il motto di tre ragazze che davanti allo specchio, fra un vestito e l'altro, condividono con noi i loro progetti per il 2013. C'è chi vuole mollare tutto, alla faccia della crisi, e andarsene in Thailandia, chi vuole sedurre il capo e chi, invece, spera di far conoscere ai genitori la sua ragazza, Claudia, che è brasiliana e gioca a pallone. Sono storie divertenti, vive, capaci di far presa sul reale e di rappresentare i valori di un brand che ama stare sopra le righe. Brio,colore,  entusiasmo, voglia di vivere, ottimismo e un pizzico di capacità di stupire... è quello che raccontano queste ragazze, è il carattere audace e autentico degli abiti, è la filosofia di Desigual.

Da un punto di vista semiotico, potremmo parlare di una coerenza che oltrepassa i segni e si attesta in simboli e valori della marca. Da un punto di vista sociale, invece, gli spot hanno incontrato pareri diversi in Spagna e nel nostro Paese, in cui tra l'altro, non è stato mandato in onda il terzo spot che parla della relazione fra la ragazza protagonista e Claudia, la sua compagna. Se YouTube, Twitter e Facebook formicolano di commenti  negativi, a volte anche molto volgari sull'immagine delle tre ragazze degli spot Desigual, ho trovato un articolo piuttosto illuminante su Linkiesta, firmato da Silvia Ragusa: "E se gli spot Desigual finissero in Rai?"
Ne riporto un piccolo stralcio, ma vi consiglio una breve lettura, non ve ne pentirete:
"Gli spot a Madrid hanno suscitato le più vive polemiche tra gli internauti: alcuni hanno amato l'idea, altri l'hanno tacciata come maschilista, eccessiva, sessista, perfino di irrisoria verso la situazione economica del Paese. A mia nonna però, che vive con una pensione da fame e ricorda bene il ruolo della donna durante il franchismo, è piaciuta assai. E in fondo anche a me. 
(...) Per il 2013 vorrei portare tutti, ma proprio tutti, nel bagno delle ragazze. Basterebbe ascoltare una sola conversazione per capire che anche la pubblicità di Desigual è tremendamente out". 


Se lo spot della ragazza che vuole partire per andare in Thailandia è quello che mi ha davvero strappato un sorriso, quello  che non ha avuto la fortuna di arrivare nel nostro Paese (e che vi riporto qui sopra nella versione inglese), resta il mio preferito della serie. Il motivo? E' semplice: anche se considerate banali, troppo commerciali, inutili, alcune pubblicità sono capaci di raccontare storie dei nostri giorni e portare nella società il diritto all'uguaglianza. Insomma è una storia che mi piace e condivido, come donna e cittadino di questo Paese.

Ah, sì, dimenticavo. Visto che quest'anno vorrei evitare il foglietto accartocciato, ho deciso di scrivere qui i miei propositi 2013:
1. Continuare a fare con passione tutto quello che faccio, cercando ogni giorno con coraggio la mia strada, malgrado gli ostacoli e i problemi 
2. Continuare a portare avanti il lavoro di questo blog, con idee nuove, contributi originali e perchè no, anche qualche sorpresa
3. Ehm... beh, i restanti sono top secret, ma prometto che quest'anno mi impegno, metto tutto in agenda e rispetto i miei buoni propositi dall'inizio alla fine! Quest'anno anche io #tengounplan!
Buon 2013!!!

domenica 30 dicembre 2012

Storia di un pupazzo di neve e altre storie


Ogni Natale è scandito dalle micro storie di brand più o meno famosi e potrebbe essere tranquillamente raccontato attraverso la cronologia degli spot che da sempre ci accompagnano durante le feste. Per quanto sembri incredibile, 15 o 30 secondi sono sufficienti per rendere delle semplici immagini in sequenza, un augurio indimenticabile.
Fra tutti ne ho voluti scegliere alcuni: il pupazzo di neve di John Lewis, il simpatico human robot di Sky e una chicca del 1987.


Le pubblicità di Natale di Lewis sono un evento atteso da molti. Quest'anno protagonista della storia è un pupazzo di neve e il suo viaggio per comprare un regalo alla sua compagna di ghiaccio e neve. Un racconto che ha scatenato il web con milioni di visualizzazioni su YouTube, l'impazzare di parodie e articoli irriverenti. Ce n'è proprio per tutti.


Protagonista d'eccezione, invece, per il Natale Sky è Robin Williams: chi non lo vorrebbe un regalo così? Magico! Per chi, invece, è un inguaribile amante degli spot del passato... ecco gli auguri più dolci che si possano desiderare: chi non se lo ricorda?


Tanti tanti auguri a tutti coloro che passano da questo blog: che il nuovo anno vi permetta di realizzare tutti i vostri sogni, piccoli o grandi che siano.

venerdì 21 dicembre 2012

Once upon a time: storie che raccontano il reale



Storie di marca: perché ci piacciono così tanto? E' il nuovo articolo scritto per Brandforum che parla di 50 anni di un'azienda e della capacità di emozionare con storie che parlano di noi, della società e della nostra Italia. Quanti attimi ci sono in 50 anni? Milioni.
Auguri e Enel e buona lettura:
Once upon a time: storie che storie racconto il reale. 



mercoledì 19 dicembre 2012

Storie di cronaca: il giornalismo è bellezza



Johannes Frisk esitò. Fu una reazione automatica. Proprio come ogni altro giornalista al mondo, era recalcitrante a fare nomi di fonti. D'altro lato Erika Berger era il caporedattore e quindi una delle poche persone che poteva pretendere da lui quell'informazione.
"Un poliziotto della sezione reati contro la persona. Si chiama Hans Faste".
"E' stato lui a chiamare te o lo hai chiamato tu?"  
"Mi ha chiamato lui".
Erika annuì.
"Perchè credi che ti abbia telefonato?"
"L'ho intervistato un paio di volte durante la caccia a Lisbeth Salander. Mi conosce".
"E sa che hai ventisette anni, sei sostituto e sei utilizzabile quando ci sono da piazzare informazioni che il procuratore ha piacere vengano divulgate".
"Sì, tutto questo lo capisco. Ma ricevo una segnalazione da Faste che si occupa delle indagini e vado a bere una caffé con lui e lui mi racconta questa cosa. Io lo cito correttamente. Cosa dovrei fare di diverso?"
"Sono convinta che tu citi correttamente. Quello che sarebbe dovuto succedere però è che tu avresti dovuto portare l'informazione ad Anders Holm che avrebbe dovuto bussare alla mia porta per spiegarmi la situazione, e insieme avremmo deciso il da farsi". 
"Capisco. Ma io..."
"Tu hai consegnato il materiale a Holm, il caposervizio dell'informazione. Hai agito correttamente. E' stato Holm a sbagliare. Ma passiamo ad analizzare il tuo articolo. Anzitutto, perché Faste vuole che questa informazione trapeli?"
Johannes Frisk alzò le spalle.
"Significa che non lo sai o che non te ne importa?"
"Che non lo so".
"Okay. Se io affermo che questa storia è falsa e che Lisbeth Salander non ha minimamente a che fare con gli steroidi anabolizzanti, tu cosa dici?"
"Che non posso dimostrare il contrario".
"Esatto. Questo comporta che tu ritieni che noi dobbiamo pubblicare un articolo che forse è menzognero solo perché non abbiamo notizia del contrario".
"No, noi abbiamo una responsabilità giornalistica. E' un esercizio di equilibrio. Non possiamo astenerci dal pubblicare quando abbiamo una fonte che afferma espressamente qualcosa."
"Filosofia. Possiamo chiederci perché la fonte voglia diffondere quella certa informazione.  (...)Allora riassumerò tutto quello che ho da dire in un'unica frase. Il tuo compito come giornalista è di mettere in discussione ed esaminare criticamente, non di ripetere acriticamente affermazioni provenienti da fonti anche ben posizionate all'interno delle istituzioni. Non dimenticartelo mai. Tu sei un ottimo scrittore, ma quel talento è del tutto privo di valore se ti dimentichi il tuo compito."    


("La regina dei castelli di carta" di Stieg Larsson)

In questo blog si parla spesso di storytelling e dell'arte della narrazione. Il giornalismo, da questo punto di vista, è una forma d'espressione che indaga il reale e racconta l'attualità attraverso storie di cronaca, inchieste o editoriali. E' una forma di racconto alta, perché legata alla libertà di espressione e di pensiero e perché ha un potere forte, quello di interpretare la realtà. Il "quarto potere" è uno strumento che mi affascina da sempre, proprio per questo motivo.
Alla luce di quanto detto, il frammento di Larsson risulta essere illuminante: una definizione del concetto di giornalismo, della sua responsabilità e dell'importanza delle fonti. L'interpretazione, l'analisi critica, la capacità di vedere i fatti da diversi punti di vista: questo è ciò che ci si aspetta da un giornalista. Pensando a questo è naturale interrogarsi sul futuro del giornalismo e il ruolo ricoperto dal citizen journalism e dai social. Giornalista è colui che dà un ordine alle informazioni... senza di lui chi darà una scaletta alla storia del mondo? anarchia, democrazia delle idee, o repubblica?
Riflettere su questi temi è un dovere per chi si occupa di comunicazione, ma anche un obbligo nei confronti di sé stessi e della società per qualsiasi cittadino del mondo.  


domenica 9 dicembre 2012

#ilpensierocheconta: una storia sociale

3.500 manifesti e una campagna pubblicitaria che fa discutere: antipolitica o specchio dei tempi?
"Il pensiero che conta" è il titolo della campagna natalizia di una nota azienda di abbigliamento, Piazza Italia, punto di riferimento del fashion retail. L'obiettivo? "...Raccogliere la protesta, affidandola ad un drappello di volti comuni che esprimo il pensiero di un esercito, sempre più ingente, di cittadini insoddisfatti, offesi, vessati e frustrati nelle più semplici aspettative, come quella di trovare un lavoro retribuito o di vedersi riconosciuto il diritto di andare in pensione nei tempi sperati e, a suo tempo pattuiti". Volti di ragazzi, uomini e donne che vestono, con autoironia, i panni degli italiani di oggi e una campagna che attinge dalla cronaca per presentare la nuova collezione con immagini e colori che parlano un po' di noi: chi siamo, cosa pensiamo, qual'è la nostra storia.


"Il pensiero che conta" è questo e anche molto altro: è un invito a scendere in "Piazza", è una comunicazione forte ma ironica e mai tagliente, è un pezzo di storia italiana e un frammento della contemporaneità. In un'intervista a Lettera43, Stefano De Silvo, responsabile marketing di Piazza Italia commenta: "Con questa campagna, che fa parte di un percorso promozionale che procede con coerenza da due anni, abbiamo voluto farci portavoce dei disagi degli italiani e della loro sacrosanta insoddisfazione. Mi creda: ci avrebbe fatto ancor più piacere se a lanciare i nostri slogan etici fosse stato il governo e non un'azienda di abbigliamento". La campagna infatti è in linea con quella lanciata lo scorso anno proprio agli inizi del governo Monti,  con uno slogan che ammoniva il governo di professori: "I veri miracoli li facciamo noi"! Nasce da qui la nuova campagna che reinterpreta il sistema sociale e politico italiano seguendo le fila della nostra storia. Uno storytelling sociale che parla attraverso le immagini e prende forma attraverso un dialogo aperto che coinvolge non solo i consumatori ma tutti i cittadini. Interessante infatti il commento di Stefano Ginestroni, il pubblicitario creativo che ha diretto la campagna: "In Italia esiste un mosaico di voci-contro che va componendosi sui social network: costituisce una piazza di importanza nevralgica in cui a far da collante è la voglia di condividere ansia, paure, rabbia, disagi".

Il motore della campagna, infatti, è l'hashtag (#), ovvero la possibilità di condividere il proprio pensiero su Twitter, confrontarsi con gli altri e far sentire la propria voce. I migliori tweet vengono poi ripresi dal canale aziendale di Facebook e trasformati in curiosi post-it da commentare o condividere. Un dialogo aperto e una storia che si riscrive di minuto in minuto in quella piazza sociale costituita dai nuovi media. Un esperimento interessante che ha ricevuto molte critiche, molti applausi e soprattutto molti tweet su cui forse ci sarebbe da riflettere. Un esempio? @gianniroberto1 twitta: "La verità è che non abbiamo abbastanza fame per fare la rivoluzione... #ilpensierocheconta". @Iddio: "Tu la chiami crisi dell'eurozona. I poveri del resto del mondo la chiamano era ora che pagavate qualcosa pure voi". 
Ma non mancano le critiche di chi si sente offeso dalle immagini provocatorie, come @Barbaralippi: aprire al dialogo, infatti, è anche capacità di gestirlo e di dare un feedback alle proprie azioni con un segno di responsabilità. Una cosa che Piazza Italia ha fatto e sta facendo. Antipolitica, strumentalizzazione o interpretazione del disagio nazionale? Io la vedo come un modo intelligente di fare comunicazione e mettersi in dialogo con la società, perché anche le aziende sono protagoniste del sistema Italia e devono saper dar voce al dibattito politico-sociale con coraggio. Quando esistono rispetto e responsabilità anche le aziende possono e devono fare la loro parte senza aver paura del confronto con la piazza del "reale" e dei social!

sabato 8 dicembre 2012

#Millennium, mass media e potere


Durante la serata una giornalista del Dagens Nyhter le aveva posto la stessa domanda: "Come farà Millennium adesso a sostenere in maniera credibile la propria indipendenza?"
"A cosa si riferisce?"
Il reporter aveva sollevato le sopracciglia. Pensava che la domanda fosse stata sufficientemente chiara, ma a ogni modo cercò di essere più preciso.
"Il compito di Millennium è, fra l'altro, di fare le pulci alla società. Come farà adesso il giornale a essere credibile quando sosterrà di fare le pulci alle aziende di Vanger?"
Erika l'aveva guardato con il volto atteggiato a un'espressione di sorpresa, come se la domanda fosse giunta del tutto inaspettata. 
"Vorrebbe sostenere che la credibilità di Millennium diminuisce perchè un noto finanziere dotato di risorse è comparso sulla scena?"
"Sì, direi che è abbastanza evidente che non potrete mettere sotto la lente la società del gruppo Vagner in modo credibile".
"E' una regola che vale in specifico per Millennium?"
"Prego?"
"Voglio dire, lei lavora per un giornale che fa capo in larghissima misura a pesanti interessi economici. Significa forse che nessuno dei giornali pubblicati dal gruppo Bonnier è credibile? L'Alftonbladet è di proprietà di una grossa società norvegese che a sua volta costituisce una presenza importante nell'informatica e nelle comunicazioni. Significa forse che ciò che dice l'Aftonbladet sull'industria elettronica non è credibile? Metro è in mano al gruppo Stenbeck. Lei è dunque dell'opinione che nessun giornale svedese che abbia pesanti interessi economici alle spalle è credibile?"
"No, naturalmente no"
"E allora perché insinua che la credibilità di Millennium dovrebbe diminuire perché anche noi siamo finanziati?"
"Okay, ritiro la domanda"


("Uomini che odiano le donne" Stieg Larsson)

Mi sono imbattuta ultimamente in questo libro, quasi per caso. "Uomini che odiano le donne", non è soltanto un romanzo che parla di omicidi e investigazioni, è anche la storia di un giornale e di una redazione e questo mi ha da subito affascinata. Millennium è il nome della rivista di cui si occupano Mikael Blomkvist ed Erika Berger, una rivista che si propone di indagare nella politica economica e di svelare truffe e raggiri della società imprenditoriale svedese. Un giornalismo, impegnato e una redazione pronta a combattere per difendere i propri valori e le proprie scelte. Ed è proprio di questo che tratta parte del libro mettendo a confronto la logica mediatica con la morale: una riflessione assolutamente moderna e attuale.  

Il rapporto fra media e potere, del resto, non può essere ignorato neanche da chi opera nel mondo della comunicazione: i confini fra questi mondi sono spesso molto, forse troppo, labili. Se pensiamo al caso italiano questo binomio è ancora più forte: metà dei media italiani sono di proprietà di grandi gruppi industriali. Ciò significa che l'informazione è nelle mani di pochi. Un' oligarchia che di per sé mette in pericolo democrazia e libertà di stampa. Il confronto sul piano etico è chiaro e questo frammento del romanzo lo mette su nero e bianco: il reporter chiede a Erika Berger come potranno pensare di continuare a fare il loro lavoro in modo neutro con al fianco un gruppo con importanti interessi economici. Erika risponde pan per focaccia!
Il punto è che tutto il sistema mediatico ha alle spalle un potente impero imprenditoriale che lo sostiene: il Corriere della sera, il Tg5, La Stampa, La7... e potremmo continuare. Da qui la domanda: dove inizia e dove finisce la libertà di stampa? cosa è lecito dire e cosa no? Si tratta, a mio modo di vedere, innanzitutto di un questione morale... ma anche di un fattore di sussistenza. L'esistenza di editori puri è un fatto raro e la necessità di risorse porta a un confronto diretto fra media e potere. Questa può essere democrazia?

Mentre ancora queste domande mi lambiccavano il cervello, ho acceso la tv. Mi è capitata sotto gli occhi, dopo una serie di zapping forsennato, l'intervista di De Benedetti a Otto e 1/2. Carlo De Benedetti, uno dei più grandi imprenditori italiani, è capo del Gruppo editoriale L'Espresso, uno dei pochi gruppi che, ad oggi, in Italia, dimostrano di reggere bene la crisi. Lo stesso De Benedetti durante l'intervista si è dimostrato critico nei confronti del sistema editoriale: il futuro sarà difficile ma vedrà sicuramente l'informazione seguire due binari paralleli, il cartaceo e il digitale. Fra le notizie più interessanti, la decisione dell'imprenditore di lasciare le aziende ai figli e diventare editore puro. Una sfida notevole per il gruppo proprietario di "Repubblica" e per l'informazione italiana in generale. Un passo in avanti verso un confronto più democratico e aperto? Difficile dire quale sarà il futuro di "Repubblica", ma sono sicura che a Blomkvist e la Berger, De Bendetti sarebbe piaciuto.


Ps. Non ho letto il nuovo libro di De Benedetti "Cambiare si può", ma se qualcuno avesse recensioni, idee, sarei curiosa di sapere cosa ne pensate.

venerdì 30 novembre 2012

Stories & reality: frammenti di una lettura



"A molti scrittori in erba mancava una cosa fondamentale: l'esperienza di vita. Credere che si possa scrivere prima e vivere dopo è un'idea sbagliata, tipica della nostra epoca postmoderna. Molti giovani, però, volevano diventare scrittori soprattutto perché volevano vivere da scrittori.
E' come mettere il carro davanti ai buoi. Prima si vive e dopo, casomai, si valuta se si ha qualcosa da raccontare, è la vita stessa a deciderlo. Scrivere è il prodotto della vita. Non è la vita a essere il prodotto della scrittura". ("Il venditore di storie" di Jostein Gaarder)

Spesso scelgo i libri a partire dal titolo. Lo so, è un'abitudine sbagliata perché si rischia di perdere per strada opere interessanti con un titolo poco appealing. Mai letto "Una vita" di Svevo? In questo caso ammetto di averlo letto per obbligo (scolastico) e mi è piaciuto molto. Quindi, non sempre il titolo dice tutto. Però, credo che saper sintetizzare il proprio racconto in poche parole, racchiuderlo in un titolo in qualche modo rilevante, sia un'arte, un qualcosa in più. Non parlo solo di logica di marketing, parlo proprio della bellezza dello scrivere, sì, direi proprio, dell'arte dello scrivere.
Ma veniamo al punto. Quando ho letto il titolo di questo libro "Il venditore di storie", sono rimasta affascinata e l'ho immediatamente rapito dallo scaffale di libri della biblioteca. Si tratta di un romanzo che parla di storie e del confine fra realtà e tutto ciò che non è reale e che potremmo definire fantasia, immaginazione sino ad arrivare a termini più negativi come bugia, falsità.
Non voglio svelare la trama, perché sarebbe un peccato per quelli che non l'avessero ancora letto, ma mi piacerebbe riflettere su questo binomio realtà-non realtà: sino a dove possiamo spingerci con una storia? Quali sono i confini fra verità e bugia?


Magritte nei suoi quadri esprime bene questa contraddizione, questo scambio di ruoli fra realtà e immaginazione. Vorrei che per un attimo ci fermassimo a pensare a questo e alla potenza delle storie all'interno della società. Parlo spesso di storytelling, dell'arte della narrazione e mi sembrava lecito pormi questo quesito. Perché una cosa è un romanzo storico, altra è un thriller, altra ancora è un discorso politico e ancora diverso è uno spot istituzionale di un'impresa. Ma sono tutte delle forme di narrazione, con contenuti e modalità diverse, ma parliamo di narrazioni.
Se la differenza fra un articolo di cronaca e un romanzo fantasy è piuttosto lampante, nel campo del reale, come può essere una campagna elettorale (vedi le primarie e il dibattito Renzi-Bersani) o una campagna di comunicazione di un'azienda, le storie si confondono e non è facile distinguere fra realtà e bugia. L'overload informativo, il moltiplicarsi delle voci, ma anche la facilità con cui si tende a parlare per ideali, sfuggendo dalla concretezza sono degli ostacoli non da poco: lo sperimentiamo nel mondo politico ma non solo. Creare forme di narrazione intorno ad un'impresa, richiede capacità di scindere realtà da non realtà, richiede la capacità di essere concreti... Non parlo della concretezza in sé e per sé, non è necessario prescindere da contesti più astratti, ma è necessario essere fedeli all'essenza dell'impresa, alla sua storia e filosofia di vita. Il concetto di rispetto, troppo spesso calpestato oggi, è un valore che invece dovrebbe essere prioritario nella società e nelle imprese moderne. Un valore fondamentale anche per poter distinguere fra reale e non reale e soprattutto uno dei primi ingredienti di una storia: rispetto per sé stessi,  rispetto per l'altro e rispetto nei confronti della trama. Corporate storytelling è anche questo, credo.
Un modo per riflettere e costruire un nuovo modo di comunicare all'interno delle imprese, delle istituzioni e della società. Voi che ne pensate? Lascio a voi la palla!

Ps. Per gli appassionati di Gaarder consiglio anche "Il mondo di Sofia" (per i filosofi) e "La ragazza delle arance" (per i più sentimentali). Good reading!


giovedì 29 novembre 2012

La storia più dolce del mondo: 90 anni di Baci Perugina


Questa sera voglio raccontarvi una storia.

Lasciamo da parte i "C'era una volta" e andiamo dritti al punto: siamo nel lontano 1922 e sullo sfondo della nostra scena emerge la figura di una donna. E' Luisa Spagnoli, l'intraprendente moglie di Annibale Spagnoli, fondatore della storia fabbrica Perugina con Francesco Andreani, Leone Ascoli e Francesco Buitoni. La scena si fa più nitida: ci troviamo a San Sisto, nella fabbrica Perugina. E' tarda sera e Luisa sta discutendo con il marito. Da un po' di tempo ha notato che durante la lavorazione dei cioccolatini vengono buttati chili di briciole di nocciole e le viene un'idea: perché non unire nocciole e cioccolato? L'insolita idea ha un grande successo: nasce l'antenato dei "Baci", il "Cazzotto!". Si tratta di un cioccolatino dalla forma particolare, a ricordare l'immagine di un pugno chiuso, tempestato di frammenti di nocciola e dal gusto inconfondibile. Da qui l'insolito nome.

Cambia la scena. Sono passati gli anni e questa volta troviamo in primo piano la figura di Buitoni e di Federico Seneca, direttore artistico di Perugina. Il cioccolatino sta dando i risultati desiderati, ma il nome non si addice al prodotto. Buitoni e Seneca si confrontano e pensano ad una soluzione per conciliare prodotto ed immagine. Nascono così i "Baci Perugina" contraddistinti da quell'aurea di dolcezza che da sempre portano con sé. L'immagine che li rappresenta, i due amanti che si baciano sotto una pioggia di stelle, è pensata da Seneca e riprende il celebre dipinto di Francesco Hayez, "Il Bacio". Sempre dalla mente geniale di Seneca nasce l'impronta che contraddistingue i cioccolatini Perugina: i cartigli che racchiudono il cioccolatino e con i quali molti innamorati si sono sussurrati, nel tempo, dolci parole d'amore.

Da dove nascono questi cartigli? Facciamo un piccolo passo in avanti con la nostra storia. La scena si svolge sempre nella fabbrica di San Sisto: Luisa è in compagnia del giovane Buitoni. I due scherzano  mentre si scambiano un dolce avvolto in una carta, con sguardo complice. Non si tratta di un semplice gesto di gentilezza: "si narra", infatti, che i due fossero diventati amanti e Seneca si ispirò a loro e alle tenere parole che si scambiavano attraverso quella carta che avvolgeva dolci e cioccolatini, per ideare i cartigli dei Baci Perugina.

Da allora Baci e Bacetti nati da un amore celato e burrascoso, sono diventati il dolce simbolo degli innamorati e il prodotto di una città tutta italiana, Perugia, e le frasi d'amore nascoste nei cartigli hanno tratto ispirazione da grandi autori dal passato, e in tempi recenti (a torto o a ragione), anche da molti autori improvvisati con il concorso "Piacere d'autore".

Quella che vi ho raccontato sino ad ora è una storia che giunge sino a noi mescolandosi e confondendosi con le vite, le storie, le emozioni degli italiani dal 1922 ad oggi. E' la storia di un prodotto e di un'impresa, ma anche di tutti coloro che vi hanno lavorato, coloro che si sono riconosciuti in questa filosofia e coloro che almeno una volta nella vita hanno guardato lui/lei negli occhi scartando questo dolce al cioccolato. La cultura d'impresa della Perugina è un classico caso di una cultura che si interseca con la storia del territorio di Perugia prima, dell'Italia poi ed è anche un modello di come la logica del marketing e della corporate communication hanno tessuto le fila nel nostro contesto sociale. La lettura di questa storia può essere quindi orizzontale oppure trasversale, ad intersecare i fili della società secondo quello che è un disegno la cui trama può essere letta anche nella "serie" degli spot firmati "Baci" Perugina.
Anche il semplice studio del logo, dei colori del brand, scrivono una pagina importante di questa storia. Se volete saperne di più, vi consiglio di seguire i "Logotales" di Brandforum: storie che ci parlano dei brand e di noi.

Ps. Forse non lo sapete ma da poco i Baci hanno festeggiato i 90 anni!Happy birthday e ancora 100 di questi giorni per la gioia di tutti i golosi come me!

lunedì 19 novembre 2012

La strategia di Sherazade e il camaleonte


Ho letto con piacere l'articolo di Gabriele Qualizza "Connecting people. Le nuove vie della comunicazione non convenzionale": un pezzo molto interessante che parla di nuove strategie della marca, empowerment del consumatore e storytelling. L'articolo parte da una constatazione molto semplice: "L'overload d'informazioni pubblicitarie diffuse ogni giorno attraverso il sistema dei media ha raggiunto dimensioni impressionanti". Un proliferare di segni e messaggi che porta ad un vero "inquinamento semiotico" e alla conseguente necessità di trovare delle alternative alle tradizionali forme di comunicazione ed advertising. Il dott. Qualizza descrive il paradigma del societing come nuova risposta a questa esigenza, in cui il consumo non viene più inteso come atto di scambio materiale, ma come "sistema per organizzare valori e relazioni sociali".
Il tema dell'empowerment del consumatore si apre così a tre diversi approcci: il modello del consumatore sovrano, il modello del "counter advertising" e "do it yourself" ed infine la logica del "prosumerismo".
E' in particolare di quest'ultimo approccio che vorrei parlare, ovvero della trasformazione del consumatore in prosumer, co-creatore di senso. E' il modello che, a mio modo di vedere, spiega meglio il nuovo paradigma e che riesce a definire il sociale e la nuova relazione individuo-azienda, società-consumo. Queste dualità si riscoprono in un insieme di nuove rappresentazioni del reale: il mercato diventa un luogo d'incontro, di relazione, una moderna agorà che mette individuo e azienda sullo stesso piano. Oggi, infatti, grazie ai nuovi media e al web 2.0, il singolo ha mezzi che lo rendono protagonista dell'atto del consumo; mezzi che gli permettono di monitorare le scelte dell'azienda, di dare un giudizio sul prodotto o sulle pratiche aziendali e decidere in ogni momento di rivolgersi ad un altro brand/azienda/prodotto per soddisfare le proprie esigenze.
In questo contesto la concorrenza si gioca su nuovi piani e il ruolo della marca diviene sempre più preponderante: essa assume "un carattere di riferimento permanente, di tipo comunicativo e valoriale".
L'idea che ogni marca presidi un suo territorio è facilmente comprensibile: pensiamo a brand come Coca Cola, Benetton, Barilla... ognuno di essi ha un orizzonte di riferimento costituito da un target, un'immagine, dei valori, un  universo simbolico che esprime una propria visione del reale.


"La marca diventa una soglia dell'identità elusiva e transitoria: un'entità flessibile, costantemente under construction", una sorta di "camaleonte", impegnato a disegnare nuove relazioni tra soggetti, merci, luoghi fisici e spazi virtuali". Che bell'immagine la marca "camaleontica"! Verissimo, la brand image, muta, come il camaleonte, in modo quasi impercettibile alla vista... ma non perde mai la sua essenza, la brand identity:  per intenderci un camaleonte resta sempre e comunque un camaleonte. Un'unica differenza? Il camaleonte usa questa strategia dei colori per mimetizzarsi, la marca lo fa per distinguersi, per emergere! Una delle strategie che utilizza, come spiega anche il dott. Qualizza, è l'utilizzo della narrazione: la strategia di Sherazade. La marca diventa così "finestra aperta all'immaginazione, incipit di una pluralità di racconti possibili".  Lo storytelling così descritto, non è altro che una strategia efficace che consente di declinare il discorso della marca, i sui valori, i principi, la storia e le sue relazioni e farle rivivere in un contesto narrativo. Dalle operazioni di rielaborazione della memoria (recupero della storia della marca/prodotto), alle operazioni di storyselling (più spostate sul prodotto), gli obiettivi possono variare in funzione del disegno strategico. La strategia di Sherazade mira a catturare un nuovo pubblico più smaliziato, più attento, ad ingaggiarlo e sorprenderlo. Un percorso emozionale ma anche maturo e consapevole, perchè teso ad una tipologia di interazione più evoluta, dove la struttura narrativa è un "intreccio di pieni e vuoti" che può avvalersi anche della collaborazione del suo pubblico. La co-creazione di racconti consente di creare un universo comune e stringere una relazione basata sul dialogo (storytelling-storylistening)  dove azienda e consumatore diventano protagonisti e la parola non può prescindere dall'ascolto.
La moderna Sherazade è una donna che cerca di salvarsi dall'oblio e si trova, come nei tempi antichi, a tessere le fila dei suoi racconti per attrarre il consumatore. Solo se riuscirà a conquistarlo, solo se le sue storie si dimostreranno sincere e smaliziate, il principe cadrà anche questa volta fra le sue braccia.


Ps. Sono debitrice a Gabriele per questo post: l'articolo era davvero molto bello, scorrevole e ricco di spunti. Lo consiglio a tutti, perchè ne vale la pena! E ora mi ha fatto pure venire voglia di comprarmi "Le mille e una notte"...chissà che non trovi anche io un'ispirazione per la mia storia.

venerdì 16 novembre 2012

Dove sono i cantastorie o la petite Madeleine



Questo post nasce dalla lettura di un pezzo di Massimo Benedetti che nel suo blog, MacsBene, parla di comunicazione e storytelling 2.0. "Paolo, le valigie e lo storytelling" mi è rimasto impresso da subito... in particolare queste parole: "Perché noi siamo storie e questo vogliamo, che gli altri ci riconoscano: storie che rimangono e che la timeline non porta via come post che svaniscono con lo scorrere della barra. E queste storie, che parlano di ciò che siamo, non raccontano solo di noi, ma di draghi ed elfi, di foglie e di vento".
Il fatto di partire da noi, dalla nostra necessità di raccontare è importante e spiega molte cose: Jerome Bruner, psicologo statunitense ha studiato questo bisogno ed ha analizzato le modalità di apprendimento dell'individuo. Secondo Bruner il nostro sistema cognitivo funziona secondo frame, micro-narrazioni che consentono di dare un senso alla realtà. Si tratta di un meccanismo che si manifesta fin da piccoli (da qui la facilità di spiegare ai bambini attraverso storie) e caratterizza la mente umana che riconosce e si riconosce inserendo il reale in schemi narrativi sperimentati. Da qui anche il ruolo importante giocato dall'esperienza e della memoria che mi fa sempre pensare all'episodio della petite Madeleine di Proust in "A la recherche du temps Perdu", un libro in cui la chiave di lettura psicologia è fondamentale per comprendere il concetto di memoria volontaria e involontaria. Ma andiamo oltre: "Allora questa vicenda dello storytelling, così alla moda, così innovativa, in realtà non va che a liberare un vento che ci nasce dentro e che troppo è stato compresso e sprangato". Verissimo anche questo: lo storytelling non è altro che l'arte di narrare storie ed è nata praticamente con noi. Il "vento che ci nasce dentro" può essere più o meno forte per alcune persone, più o meno intenso ma esiste e vive con noi. Per questo concordo con la risposta di Claudio Braggio che richiama l'antica Grecia, il concetto di narrazione (anche se oggi storytelling va di moda e... "fa figo") e i cantastorie. Chi sono i moderni cantastorie?- mi chiedo. Dove possiamo trovarli? Stanno in tv, nei libri, nei cartelloni pubblicitari? Sì e no, o almeno un tempo forse anche loros sono stati dei cantastorie, i soli direi. Ora i tempi sono cambiati, si sono diluiti e non esiste mai un solo racconto, ma una semplice storia ne racchiude molti, spesso nuovi, di sicuro diversi. La potenzialità dei nuovi media fa sì che i moderni cantastorie si celino dentro ciascuno e che ciascuno abbia la sua possibilità. I cantastorie moderni si trovano, come un tempo, nelle strade... reali e soprattutto digitali dei social, dei blog, dei siti.
Allora oggi abbiamo miliardi di cantastorie? No, non è così semplice. Non tutti possono trasformarsi in veri cantastorie! Anche la narrazione ha le sue regole, tecniche, artifici e strategie che vanno studiate, affinate. Cantastorie sono coloro capaci di rendere una storia comune, universale e, per farlo, ci vuole tempo, passione e tecnica. Chiedetelo agli scrittori, agli sceneggiatori, a coloro che scrivono canzoni... Mai letto "Il viaggio dell'eroe" di Vogler? Ve lo consiglio... è un viaggio nel mondo della narrazione ma anche un libro che riflette sul senso della vita.
E quando l'avrete terminato forse, anche voi come me, finirete per chiedervi..."Ma non sarà tutta colpa di quella stupida Madeleine? "


Ps.  A proposito vi consiglio la lettura del blog di Massimo...sempre un pozzo di idee! E anche di provare le madeleine, un dolce francese delizioso... alla faccia di Proust :)

sabato 3 novembre 2012

Ideeideas: comunicazione, marketing e innovazione



E' online da un paio di mesi IdeeIdeas.it, progetto di comunicazione multimediale dedicato all'innovazione di prodotti, servizi, media . Direttore della testata è Valeria Scrivani, giornalista specializzata in media, marketing e comunicazione, già direttore di Pubblico e Pubblico Today.
Il sito, suddiviso in aree tematiche rappresenta una vetrina per le aziende ed uno strumento di informazione su campagne ed iniziative in ambito di comunicazione e marketing.
Questo neonata testata si unisce ad altri importanti siti online che si dedicano al  mondo della comunicazione a 360°. Fra gli altri segnalo: Brandforum.it, l'osservatorio culturale sul branding, Ninjamarketing.it , sito di informazione su marketing e comunicazione e Gandalf.it, archivio con articoli relativi a media, tecnologia e comunicazione. Un capitale intellettuale che viaggia con noi... dateci un'occhiata!

#Womenlikeyou: un progetto che premia le donne

"Crediamo che tutte le donne siano uniche e speciali. Ciascuna con la propria storia, personale e irripetibile. Storie da raccontare e di cui essere orgogliosi" 

Mine firma per Pandora, brand di gioielli danese, il progetto di comunicazione integrata "Women like you", progetto che mira a raccontare la forza e l'eccezionalità delle donne, in linea con la filosofia del brand.
L'iniziativa nasce online e si estende sui social con un concorso volto a premiare i sogni delle donne, i loro progetti, le loro idee: le concorrenti sono invitate a postare sul sito (http://www.womenlikeyou.it/) una loro breve descrizione e il loro progetto di vita. Fra tutte le storie, una giuria tutta al femminile, selezionerà le dieci migliori e decreterà la vincitrice che riceverà un premio di 10.000 euro da utilizzare per realizzare il proprio sogno. Il progetto prevede inoltre di seguire, durante tutto il 2013, la vincitrice nella realizzazione del suo sogno con filmati, interviste e molto altro. 
Fra le giurate, volti famosi e donne che "ce l'hanno fatta": Cristina Parodi, giornalista e conduttrice tv, Geppi Cucciari, comica, scrittrice e noto personaggio televisivo, Margherita Granbassi, campionessa del mondo di fioretto e Francesca Di Carrobio, direttore generale di Hermès Italia.

Una campagna che riprende in molti punti il filone narrativo: raccontare i propri sogni è un modo per creare engagement, sensibilizzare e scatenare emozioni, toccando le persone nel vivo della loro storia personale. "Women like you" diventa così un aggregatore di storie, una sorta di storyline che scatta una fotografia interessante della situazione femminile del nostro Paese: le nostre aspirazioni ma anche gli ostacoli che una donna deve affrontare ancora oggi, nel 2012, per sentirsi realizzata, sentirsi una donna vera.


Partner dell'intera campagna, il "Forum della Meritocrazia", associazione no profit nata per contribuire al rilancio della cultura e del merito in Italia attraverso la valorizzazione delle capacità intellettuali, progettuali e creative dei singoli e delle istituzioni. Un motivo in più per partecipare all'iniziativa e perché no, tentare anche di realizzare i propri sogni... Good luck girls!!!!!!!!!!!!

ps. tweet pronto #womenlikeyou realize your dream!

venerdì 2 novembre 2012

Storyline... una collana firmata Lupetti Editore


Dall'iniziativa dell'Osservatorio di Storytelling dell'Università degli Studi di Pavia nasce una collana di libri dedicata interamente alle scienze della narrazione: è Storyline, collana diretta da Andrea Fontana, edita da Lupetti-Editori di Comunicazione. 
Al suo interno confluiranno saggi, studi e analisi, ma anche molti casi pratici spiegati e commentati da esperti, relativi a sei campi professionali: business community, management e organizzazione, media e tecnologia, economia e consumi, geopolitica e medicina narrativa.
Fra le prime novità della collana, pubblicate a giugno: "Consumi e identità" di Stefano Gnasso, coordinatore didattico del master in Management Multimediale dell'Università IULM di Milano, "Storie Virali" di Joseph Sassoon, ricercatore e consulente, ha insegnato a lungo "Sociologia della comunicazione" all'Università Statale di Milano.
Per ottobre e novembre si attendono, inoltre, altre pubblicazioni interessanti: "Raccontarsela" di Alessandra Cosso, "Oggetti narranti" di Marco Rosetti e molte altre...
La neonata iniziativa è destinata a convogliare la letteratura e gli studi sulla narrazione, canalizzando anche i nuovi sviluppi derivanti dall'applicazione dei social e delle nuove tecnologie. Attraverso queste pubblicazioni, anche la pratica della narrazione riacquista un ruolo di importanza e si aprono nuove strade a livello di ricerca e applicazione strategica. Un caso da seguire!

sabato 20 ottobre 2012

Brand storytelling awards

"Great stories happen to those who can tell them" (Ira Glass)

E' da tanto che volevo scrivere, ma lavoro e trasloco mi hanno tenuta piuttosto impegnata...
E alla fine eccoci a parlare di Brand storytelling awards, il contest che si rivolge alle aziende e all'industria della comunicazione per premiare il miglior Brand Storyteller!
Un evento unico in Italia che consente di sottolineare l'importanza dello storytelling quale "fattore critico del successo di una strategia di branding", ma anche un'occasione di scambio e di riflessione su come il mondo della comunicazione stia cambiando e quale potrà essere il futuro delle storie nell'iperspazio del web 2.0.
La gara, prende in considerazione progetti di comunicazione realizzati nel periodo compreso fra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2011, relativi alle seguenti categorie: Product Branding, Corporate Branding e Employer Branding. I progetti verranno esaminati da una giuria di 12 esperti fra cui ricordiamo Andrea Fontana, Joseph Sassoon e Michele Abatantuono, verranno giudicati secondo i seguenti 4 criteri: innovazione, struttura, coerenza ed engagement.
Per partecipare tutti i materiali dovranno essere inviati entro e non oltre il 31 novembre secondo le modalità descritte sul sito internet www.brandstorytellingawards.it
Fra i partner principali dell'iniziativa: l'Osservatorio dello Storytelling, centro di ricerca scientifica dell'Università di Pavia che si occupa di narratologia e scienza della narrazione nella comunicazione sociale e Anthea Communications, divisione di Anthea Consulting che si occupa di organizzare eventi volti a promuovere la cultura della comunicazione, marketing&branding e recruiting.  
Un'iniziativa importante anche dal punto di vista della ricerca e di analisi in ambito di scienze della narrazione e una sfida per scoprire quali aziende conoscono la propria storia, la sanno raccontare e soprattutto se ne prendono cura, coltivando ricordi, sogni, aspirazioni e pensieri e scrivendo ogni giorno una nuova pagina di vita vera...

domenica 9 settembre 2012

A story of meaning: visual storytelling

Si pensa sempre che le storie siano fatte di parole.
A volte invece, basta un ricordo, una fotografia, un'immagine, un filmato: le storie viaggiano su fili invisibili e possono percorrere strade diverse, suscitando emozioni e sensazioni altrettanto diverse nelle persone. Da questo pensiero nasce il visual storytelling, ovvero la capacità di parlare e raccontare storie attraverso immagini e video. 
La bellissima infografica qui sotto, realizzata dall'agenzia di comunicazione M Booth, spiega come e perché è importante capire il visual storytelling! Seguiamo passo, passo il ragionamento.
Nell'era dominata da un overload informativo, gli utenti del web scelgono di diversificare la loro comunicazione e riscoprono il valore dell'immagine, scegliendo di comunicare attraverso esse. Sui social, immagini e video creano maggior interesse...un esempio? Per capire il valore delle immagini basta pensare che il 47% delle informazioni in Tumblr è veicolato attraverso immagini, mentre per i video basta citare YouTube!

Il visual storytelling non viene praticato soltanto dalla gente comune in modo piuttosto semplice e immediato, viene sfruttato anche per confezionare pagine web ed è una possibile strada da percorrere anche per la comunicazione aziendale. Già molte aziende comunicano attraverso video su YouTube o sul sito aziendale, altre postano immagini sulla loro bacheca di Facebook... ma il visual storytelling non si esaurisce qui, può trasformarsi in qualcosa di veramente interessante e creare un forte engagement. Pensiamo ad una comunicazione usando Pinterest o Instagram? Le strade da percorrere possono essere molte...



Il mondo si va  così aprendosi ad una comunicazione multicanale, comunicazione che nel suo continuo rigenerarsi, perde a volte il suo significato o ne acquisisce uno nuovo. 
Sembra un paradosso, eppure il significato spesso sfugge dal nostro controllo e trova nuove vie, spesso impreviste. E' questo uno dei pregi ma anche dei difetti (se pensiamo alla comunicazione d'impresa), del visual storytelling in particolare.
Concludo con questa citazione di George Dyson che mi ha fatto riflettere...un monito all'importanza del significato delle cose e delle parole:

"We now live in a world where information is potentially unlimited. Information is cheap, but meaning is expensive. Where is the meaning? Only human beings can tell you where it is. We're extracting meaning from our minds and our own lives". 

   

domenica 2 settembre 2012

Social media map

Cos'è un social media? e un micro blogging? Vogliamo parlare di podcast?
Per chi si sente un po' confuso fra tutte questi nomi, codici cifrati...una mappa riassuntiva di tutto quello che si presenta sul web. Certo, non sarà esaustiva, ma forse può aiutare a capire cosa sta accadendo nel mondo 2.0, cosa cambia e dove stiamo andando. Enjoy!

Twix story: storytelling & heritage marketing

Eccoci dopo le vacanze ed un rientro...difficile una piccola chicca dal web.
Un esempio molto simpatico di storytelling riportato da Alessandra Colucci nel suo sito (una vera miniera di informazioni e nuovi trends relativi al mondo del marketing e della comunicazione).
Si tratta del nuovo spot di Twix...una storia di fondazione dai tratti direi "classico-barocchi", ma lascio giudicare a voi:


Un modo divertente per dare una storia al prodotto, una storia fittizia ma memorabile per il pubblico. E' quando un oggetto acquisisce una storia, genera dei ricordi... che resta più impresso nella mente e nel cuore del consumatore. Ma cos'è esattamente l'heritage marketing? Si tratta di uno strumento utile che si nutre del passato aziendale per creare valore e consustanziare la corporate identity o, come in questo caso, la brand identity. Un ottimo libro a riguardo è "Heritage Marketing, La storia dell'impresa italiana come vantaggio competitivo" di Montemaggi e Severino, edito da Franco Angeli.  
Non posso che augurarvi una buona lettura e per chi è ancora in vacanza...buon rientro a tutti!

mercoledì 1 agosto 2012

La magia della narrazione




“A furia di raccontare le sue storie, un uomo diventa quelle storie. Esse continuano a vivere dopo di lui e così egli diventa immortale”
(dal film The big Fish)


Agli appassionati di storytelling e per coloro che amano la narrazione in generale, un articolo interessante che ho scritto per Brandforum, l'Osservatorio italiano del brand, con qualche riflessione e alcuni spunti interessanti:  http://brandforum.it/papers/948/corporate-storytelling-la-magia-della-narrazione .


Un sentito ringraziamento per questo al dott. Gabriele Qualizza che mi ha fornito gli strumenti per proseguire nella ricerca nel campo del corporate storytelling attraverso i suoi consigli e i suoi lavori. In particolare segnalo il seguente articolo Lo storyteling nella comunicazione d'impresa, ricco di spunti ed approfondimenti sul tema.




Twittastorie di Telecom Italia


Una sfida avvincente quella proposta da Telecom con Twittastorie: un modo per liberare la fantasia e mettersi alla prova! L'iniziativa partita l'11 giugno e giunta ormai al termine, ha coinvolto tre diverse città: Napoli, Roma e Genova. I partecipanti erano chiamati a riscrivere la storia della loro città in 140 caratteri, twittando o postando sulla pagina ufficiale di Telecom Italia su Facebook.

Un'avventura tutta social e un premio speciale per i vincitori: la possibilità di vedere la propria storia raccontata in 60 secondi da tre dei migliori videomaker italiani...Cosimo Alemà, Alessandro Piva e il gruppo di The Jakal!

Ancora una volta le storie conquistano le aziende e i consumatori creando un dialogo che oltrepassa la sfera economica e si volge al sociale (e in questo caso anche al social) parlando di un mondo, l'Italia che accomuna entrambi e creando dei valori condivisi, veri baluardi di un'intera comunità.

martedì 26 giugno 2012

Storytelling: oltre le pagine di un libro


"Schegge di me" è l'ultimo romanzo di Tahereh Mafi, pubblicato da Rizzoli: un caso editoriale interessante che vede protagonista la comunicazione. La scelta di utilizzare delle storie e stralci di racconto per promuovere il libro permette di fornire al lettore un'immersione vera e propria nella narrazione; un esempio di come lo storytelling può oltrepassare le pagine di carta e farsi parola, gesto, emozione...creando empatia con il pubblico.
A tal fine è stato creato un sito http://www.scheggedime.it in cui è possibile trovare un percorso che replica i "libro game", il sitegame, un booktrailer, la biografia dei personaggi,  una serie di test interattivi e molto altro ancora .
Fra le altre iniziative, la più interessante è il Tubereading, ovvero un modo per leggere il libro attraverso gli occhi di qualcun altro. Un'esperienza stimolante che si avvale della tecnologia, YouTube e del supporto di alcune Youtubers che si sono prestate per interpretare alcuni paragrafi del libro.


Curatori del progetto Claudio Cucinelli e Lucia Di Pippa dell'agenzia Pquod. Un'esperienza che li ha spinti a vedere all'interno di un prodotto culturale come il libro, qualcosa di più; un mondo di infinite porte che si aprono sulla narrazione e prendono vita nelle parole del singolo, in modo unico e sorprendente. Un esperimento che fa riflettere sulle possibilità dello storytelling ed un suo ritorno alle origini, al racconto, complice l'evoluzione digitale.


Di seguito un piccolo frammento del libro attraverso le parole di Alicelikeaudrey:



lunedì 18 giugno 2012

With and Within... quando il social si tinge di rosa



E'online il nuovo social made in italy dedicato alle donne: una comunità online creata da donne per le donne, come strumento di incontro. Nato nel gennaio del 2010 da Paola, una donna qualunque  in cerca di lavoro che, dopo la nascita di tre splendidi bambini, decide di dedicarsi a questo progetto tutto in rosa. L'idea trae origine dalla necessità per le donne di  riuscire ad integrare  vita sociale, lavorativa e privata...un obiettivo ancora oggi molto difficile da raggiungere, soprattutto nell'attuale contesto di crisi economica. Una bella scoperta ma soprattutto un'iniziativa positiva e creativa...per tutte le donne che vogliono riscattarsi, mettersi in gioco, aiutarsi a vicenda e trovare nuove idee. "Scopri i tuoi talenti, insegui i tuoi sogni", un inno che si sposa bene all'immagine del fiocco rosa, simbolo che rimanda al concetto di nascita e riesce a rappresentare bene il ruolo della donna come madre e come figlia....
Ancora più significativo il simbolo della Matrioska: "una donna che ne contiene all'interno molte altre, a rappresentare quante donne, quante vite, quante possibilità, sono racchiuse all'interno di ciascuna di noi". 



Tante matrioske diverse a mettere in gioco anche la diversità e l'unicità che rende noi donne molto simili...al di là della cultura, della lingua, della religione.
Per quanto riguarda il funzionamento, la  piattaforma  è molto semplice e di facile utilizzo: With and Within oltre alla pagina personale, permette attraverso tre bacheche pubbliche di condividere, scambiare e  guadagnare. Un social insomma che è anche uno strumento di crescita professionale e personale, un luogo di incontro dove trovare sempre un'amica, un'opportunità, un'idea, una chance, oppure dare una mano o semplicemente un consiglio.
Un team di 4 donne... Paola, Irma, Alex e Reshma per un progetto che apre nuovi orizzonti per i social networks come vetrine professionali, luoghi di incontro ed impegno sociale e culturale e perchè no, un modo per conoscere e conoscerci (noi donne intendo) meglio attraverso il confronto con le altre e con noi stesse. 

domenica 3 giugno 2012

Brand-Identikit magazine...welcome!



E' nato Brand-Identikit (sito web ), primo magazine italiano sulla brand identity, che verrà presentato il 5 giugno a Roma, al "Forum della Comunicazione"(sito dell'evento). Il magazine digitale, curato da uno dei guru italiani in materia di identità della marca, Gaetano Grizzanti (autore di "Brand Identikit, come trasformare un marchio in una marca" ed. Fausto Lupetti Editore), si rivolge ad un pubblico vasto: aziende, professionisti della comunicazione e marketing, docenti, studenti...

Non è possibile per il momento anticiparvi il video di presentazione che troverete a questo indirizzo... Video click, ma i contenuti sono già in gran parte presenti nel libro scritto da Grizzanti. Di cosa si parlerà? Delle storie di una marca, dei suoi simboli, dei loghi e dei colori...ma ci sarà anche un Brand glossary, una parte dedicata al naming e una sezione dedicata all'ambito legale. Senza dimenticare naturalmente le parti dedicate alla brand reputation e alla brand equity!!!
Tante news ma anche numeroso spunti di riflessione...perchè anche se spesso non ce ne rendiamo conto, aziende e brand hanno molto da raccontare e le loro storie coincidono spesso con le storie delle nostre vite, di quelle di nonni, amici... andando ad incidere sul sistema economico, socio-politico e culturale di una nazione.



Cos'è un logo? che differenza c'è fra marchio e marca? Per esempio...sapevate cosa significa il simbolo del cuore e perchè alcuni brand come Algida e Prenatal lo utilizzano nei loro loghi? E sapevate quale strategia adottare per lanciare un nuovo brand?
Questo e molto altro...su Brand-Identikit...

Ps. per chi fosse patito del mondo dei brand & so on, consiglio anche il sito di Brandforum.it! Enjoy!

sabato 2 giugno 2012

Olimpiadi in casa Edison: viralità e rugby...un mix esplosivo!




Oggi vogliamo prenderci molto poco sul serio...perchè? Perchè a volte ridere di sé stessi fa bene!
Ce lo dimostra Martin Castrogiovanni, rugbista della nazionale italiana, impegnato a confrontarsi con le discipline olimpiche negli spot ideati da Cayenne per Edison. Gli spot di 60'', 4 in totale, raccontano le peripezie di Castro (così viene simpaticamente chiamato) che vuole prepararsi, con gli atleti delle diverse squadre, per le Olimpiadi 2012 di Londra: pallavolo, ginnastica ritmica, pallanuoto e canottaggio...ogni volta una sfida diversa. La trama molto ironica, postata sul canale YouTube di Edison, Edison sport azzurro, racconta l'impegno delle nostre squadre nel prepararsi al meglio per i giochi di Londra, ma anche la storia di tutti gli italiani che vorrebbero essere con loro...perchè "Edison sostiene gli azzurri che vanno alle olimpiadi...e quelli che ci vorrebbero andare" :p
Ecco uno dei fantastici video postati sul canale YouTube: Castro e le "Farfalle" della ginnastica ritmica...



Il video conta già 37 mila visualizzazioni ed impazza sul web, seguito dagli altri, ormai presenti in diverse versioni, anche 15''....e saranno on air fino alla fine delle Olimpiadi. Ma cosa rende un video virale? Molti possono essere gli ingredienti, anche se non esiste una ricetta che si adatti a tutte le esigenze: virale è un video che lancia una tendenza, un video particolarmente creativo, un video che crea engagement e richiama alla partecipazione, un video che crea sorpresa... Perchè diciamolo...non siè mai visto un rugbista fare la ginnasta!!!
YouTube poi è l'ingrediente di base, è uno dei canali privilegiati per diffondere video virali.... una piattaforma straordinaria, perchè permette a chiunque di creare un video, di mettersi in gioco, di mostrare il proprio talento...o aspirazione :)

Beh vi lascio con un'altra chicca...Castro e la pallavolo...


A proposito, il canale Sport Azzurro di Edison nasce dall'accordo siglato con il Coni, sancendo l'impegno dell'azienda italiana che da sempre affianca gli azzurri, dalle Olimpiadi di Pechino del 2008, ai Giochi Invernali di Vancouver del 2010. "Edison ha un legame davvero speciale con le Nazionali olimpiche - le parole di Andrea Prandi, direttore relazioni esterne e comunicazione di Edison - Siamo già sponsor delle Nazionali di pallavolo, rugby e pallacanestro e ora con Sport Azzurro intendiamo avvicinare ancora di più gli italiani agli sport olimpici. Il progetto vive interamente sui social media ed è attualmente l'unico in Italia che racconta gli atleti con una tale profondità". 
Microstorie per raccontarci un sogno (quello azzurro che si prepara per i giochi), per parlarci dell'impegno di Edison a sostenere la nazionale, per farci sorridere...e perchè no, ricordarci che a volte è bello prendersi poco sul serio!
E ora direi...Castro mascotte degli Olimpici! I like!!! 

mercoledì 30 maggio 2012

Communication is on social: moda di passagio o il futuro?


Il vortice dei social sta diventando sempre più potente: ad oggi i social si diffondono con una velocità sorprendente, anche se i più popolari restano Facebook e Twitter. Quello che però molti ignorano è che non sono soltanto dei luoghi di aggregazione, ma stanno diventando le piattaforme più potenti per le aziende per incrementare la loro visibilità.
Mentre i siti dei brand e i siti istituzionali perdono appeal, il social media marketing sembra una delle modalità più efficaci per creare un engagement efficace con il consumatore, è quanto è emerso dalla ricerca WAVE6 presentata a Milano dalla società Universal McCann.



Secondo la ricerca, l'utilizzo dei social è aumentato rispetto al 2011: il 65% dagli utenti di internet ha un profilo sui social network, mentre in Italia il 61% della popolazione digital italiana è su un social contro il 53% dell'anno scorso. Le attività preferite sui social inoltre, stanno lentamente cambiando: prevalgono la condivisione di video/immagini o  post e l'attività di visione dei profili di amici o follower, rispetto alla scrittura. Le punte di pubblico dei social si riscontrano nelle fasce d'età comprese fra 16 e24 anni ma sempre di più il mondo sociale cattura intere generazioni di pubblico che amano utilizzare questi strumenti per dialogare, condividere passioni ed interessi, esprimere la propria creatività, interagire con gli altri, partecipare ad eventi esclusivi.
A questa tendenza viene a contrapporsi una decisa disaffezione, da parte dei consumatori, del sito istituzionale o corporate, infatti il bilancio Wave6  riporta un calo del 15% nell'utilizzo di canali istituzionali per la ricerca di informazioni.

Da ciò emerge la necessità per l'azienda di andare a cercare i propri clienti, di attrarli a sé, creando contenuti appealing che raccolgano gli interessi del target desiderato. I social proprio per questo motivo sono una piattaforma  al momento importante, per garantire l'interazione e generare traffico sul sito istituzionale...Ma attenzione possono anche essere una lama a doppio taglio. Non a tutte le aziende conviene essere presenti su Facebook, Twitter...Pinterest e compagni.
Perchè? Semplicemente perchè stare sui social significa stare su una piazza aperta, significa essere pronti a rispondere delle proprie azioni in qualsiasi momento, significa avere un sistema di monitoraggio della rete molto forte e ben ditribuito...
Prima di lanciarsi su un social bisogna farsi un po' un esame di coscienza, capire quali sono le nostre criticità eventuali e quali sono le opportunità.

La comunicazione social sarà il futuro? La comunicazione social, intesa come nuova modalità di comunicazione è una struttura che si sta evolvendo, ancora tutta in divenire. Il futuro guarda sicuramente ai social media e ai social network, e anche alle nuove modalità di fornire e distribuire le informazioni...(tablet, smartphone, Iphone), ma questi sono device, piattaforme, strumenti. Sarà importante sapersi adattare anche a queste nuove forme comunicative, ma ciò che conta è che l'engagement scaturisce soltanto con contenuti validi...questa è la vera priorità.

Il vero motore dell'ingaggio sta nella parola. Essere in grado di fornire accessi al sito grazie ai social, creare un profilo aziendale su Facebook o Twitter, ma non avere contenuti reali, non aver nulla di coinvolgente da raccontare, non essere in grado di captare gli interessi del nostro target, crea  un loop che rende la nostra comunicazione inefficace, facendoci perdere tempo e denaro.
I social non sono una moda, ma una grande rete, questo dobbiamo ricordare...il resto, sta tutto nella forza della parola e dei nostri messaggi!

lunedì 14 maggio 2012

Tumblr: un social per guardare il mondo con occhi diversi


Cos'è Tumblr? e cosa sono i Tumblelog?

Accanto al fenomeno dei social, nasce nel 2007 Tumblr dell'oggi venticinquenne David Karp.
Si tratta di una piattaforma di microblogging che semplifica e aumenta le potenzialità del blog, introducendo alcune caratteristiche tipiche dei social. Tumblr è infatti "The easiest way to blog", mix fra Facebook e Blogger: puoi scegliere fra diversi formati di post (fotografie, video, citazioni, audio, link...) e divertirti a produrre, oppure condividere il contenuto di altri personalizzandolo attraverso l'opzione "reblog", l'antenato (se così si può definire) del re-twitt di Twitter.
Ciascuno può utilizzare la piattaforma a proprio piacimento (per scrivere un libro, per raccogliere foto o video, per scrivere le proprie idee o condividere interessi) in modo facile ed immediato e seguire altri Tumblr, i cui contenuti vengono immessi nella Dashboard.
Non soltanto Tumblr ci mostra che il fenomeno blog non è morto, ma ci dice che si sta rigenerando, trovando nuove forme. E' lo stesso fondatore a spiegarci l'originalità della sua creazione, che ad oggi vanta 16 miliardi di pagine viste al mese, più di Twitter.com e di Wikipedia, in una recente intervista rilasciata a Repubblica (Intervista di Silvio Gulizia a David Karp).
Secondo il giovane la differenza fra Tumblr e un social come Facebook è che "mentre su Facebook vedi le cose che ho visto io, su Tumblr vedi attraverso i miei occhi".

Un semplice cambiamento di prospettiva o un passo indietro rispetto ai social?
L'obiettivo di Tumblr, dice Karp, è di semplificare l'utilizzo dei blog ma anche di renderli più innovativi, creando applicazioni e nuove funzioni utili e creative ad uso e consumo degli utenti a seconda delle loro necessità quindi dei portfolio per i fotografi o videoplayer per videomaker...
In questo Tumblr si vuole differenziare dalla massa: "Voglio che Tumblr dia valore ai creatori e offra i migliori strumenti ai creativi, perchè a Google e Facebook questo non interessa. (...) Voglio creare qualcosa di nuovo e unico", dice il giovane al giornalista di Repubblica.



Oggi Tumblr può essere considerato un movimento underground e conta nel nostro Paese una comunità di Tumbleristi piuttosto attivi, anche se il fenomeno non è ancora così vasto come all'estero. Non resta che aspettare di vedere cosa ne sarà della creazione di David nei prossimi mesi: sarà nei blog il futuro digital di domani?
Non si sa, certo è che Tumblr è diventato un antesignano dei blog del futuro: partecipazione, interattività, condivisione.

Storytelling through social media: come cambia la narrazione




L'arte della narrazione è oggi uno dei mezzi più potenti per trasferire messaggi, valori, esperienze, idee...questo perché la narrazione è un atto che contraddistingue la nostra stessa vita e il nostro modo di pensare. Storie e racconti, infatti, hanno attraversato i secoli, mutando forma e consistenza, seguendo quella rivoluzione tecnologica che si è fatta sempre portatrice di cambiamento ed innovazione. Del resto la capacità della parola di adattarsi ai mezzi e la nostra attitudine a vivere il mondo attraverso dei frame hanno preservato il valore della narrazione, trasformando la figura del cantastorie in moderno storyteller.
Da ciò risulta evidente l'importanza che oggi ha assunto la narrazione per le aziende: si parla di storytelling management, un'unico concetto che racchiude un piccolo mondo.

Più che inoltrarci nei boschi narrativi, come li chiama Eco, vorrei invece fermarmi un attimo e riflettere sull'evoluzione della pratica narrativa oggi.
Il web 2.0 ha portato con sé numerosi cambiamenti anche nel modo di raccontare: in sintesi potremmo parlare di transmedialità, come la definisce Henry Jenkins. Il transmedia storytelling è un atto narrativo intermediale ed intertestuale: la comunicazione passa da un media all'altro in modo fluido, ampliandosi e rigenerandosi di volta in volta, annullando i confini fra autore ed utente. La nascita del prosumer è del resto insita in questo processo.
Ciò significa che l'azienda non solo crea delle narrazioni, ma che la rete le permette di inserirsi in un processo narrativo più ampio, in cui ognuno può collaborare alla creazione di valore per l'impresa.

Ma andando più a fondo della questione, come si inserisce la narrazione nel mondo dei social? Cosa accade quando il testo si destruttura andando a finire in macrostrutture sociali?
Secondo Andy Carvin, ospite all' IJF di Perugia, il mondo dei social è particolare innanzitutto perchè vive nel "qui ed ora": i racconti entrano e si perdono, i social media non hanno una memoria, o almeno, non ancora. L'unica novità è la Timeline di Facebook, strumento introdotto di recente che permette di andare indietro nel tempo e leggere tutte le informazioni pubblicate in precedenza.
Questo non è ancora possibile per molti altri social: per esempio la quantità di tweet recuperabile per singolo account, è limitata. Tuttativa secondo Carvin questi ecosistemi digitali sarebbero soltanto ad un primo stadio di sviluppo, idea a cui si associa anche lo storyteller italiano Max Giovagnoli.
Ciò ci fa capire meglio come le storie viaggiano sul web: le storie passano secondo una serie di trasformazioni, il testo si fa liquido e le parole possono essere prese e rese elastiche a seconda del contesto, ma possono anche perdersi nel rumore di fondo. Seguendo questo processo, sarebbe possibile partire da uno spot, arrivare ad un video su YouTube, condividerlo su Facebook,  modificare la storia, postarla su un blog e darne notizia su Twitter.
Il web 2.0 è un mondo fluido, fatto di relazioni e di condivisione. La sfida per un'azienda sta da un lato nel creare valore con la propria narrazione (narrazione di sé, dei suoi prodotti, della sua storia), interessare e intercettare il pubblico di riferimento e dall'altro nel saper gestire la liquidità, cioè saper prevedere dei percorsi possibili per la sua storia.
In questo i social agiscono come mezzi attraverso cui fluiscono frammenti della nostra narrazione, e in alcuni casi, strumenti che creano narrazioni ex novo, la cui pregnanza sta nella capacità di viralità ed estensione sui media on e off line.
Interessante sarà quindi vedere quali saranno le evoluzioni dei social media nei prossimi anni come dicono Carvin e Giovagnoli e capire quale ruolo svolgeranno i nuovi cantastorie del web 2.0.

giovedì 10 maggio 2012

La "Parabola" della comunicazione: communication is like a ball

Questo racconto è l'estratto di una lezione del master sul senso della comunicazione e sulla necessità di saperla gestire e lo intitoleremo così: news is like a ball. Simpatico no?
Quando mi è stata proposta questa strana metafora ho fatto effettivamente fatica a comprenderla: mi immaginavo di avere in mano una di quelle palline "rimbalzelle" con cui giocavamo da bambini e di lanciarla a tutta velocità (con i risultati che si potranno immaginare). A volte però le metafore sono più utili di discorsi complicati perché ci aiutano a visualizzare ciò che stiamo dicendo.
La storia della nostra pallina inizia da qui: quando diamo una notizia, scriviamo un comunicato o organizziamo una conferenza stampa è come se stessimo lanciando una pallina. Questa pallina rimbalzerà un numero n di volte sul terreno a seconda della forza che noi abbiamo utilizzato a lanciarla, cioè dei mezzi impiegati per dare la nostra comunicazione. Il lancio deve essere fatto sempre in funzione del nostro obiettivo, a partire dal quale si doseranno forza e mezzi.
Il nostro compito però non si esaurisce nel semplice lancio, ma nella costanza con la quale siamo in grado di seguirne il percorso e studiarne la parabola.


La gestione della comunicazione si basa su questa costante: maggiore sarà l'attenzione dedicata alla nostra pallina, più efficace e pregnante sarà il suo percorso e il nostro sforzo comunicativo. 
Saper gestire significa anche evitare che la nostra pallina si perda, affondi in qualche pozzanghera o rompa accidentalmente qualche vetro ed essere pronti a recuperarla per lanciare una nuova notizia, più bella, fresca e colorata. Il segreto sta nel lancio, nel controllo ma anche nel saper custodire tutte le palline colorate: la nostra strategia consiste nel lanciarle, recuperarle e conservarle facendole crescere insieme a noi... perché la comunicazione è fatta di parole e le parole, si sa, non muoiono mai.    
Sarà, intanto io devo averne ancora alcune di quelle palline "rimbalzelle" tutte colorate nascoste in qualche angolo della camera...nell'attesa vado a rispolverale un po'...chissà che non vengano utili più avanti. 

The beauty of a second: la magia della comunicazione



Ci sono modi diversi per raccontare storie. E ci sono modi diversi per parlare ad un pubblico.
Quest'articolo ci mostra come una singola storia sia in grado di creare un legame più profondo con il pubblico e generare altre storie, ma vuole anche farci riflettere sul valore che la comunicazione può generare attorno ad un brand o ad un prodotto; un valore che attraversa la tangibilità dell'oggetto e sfiora il senso della vita.
E' il caso di "The beauty of a second", case-history che Riccardo Robiglio, executive creative director di Leo Burnett Italia, definisce esempio riuscito di storytelling, durante un'intervista con Adele Savarese, pubblicata su Ninja Marketing (A lezione di insight da Riccardo Robiglio).
Secondo Robiglio, "lo storytelling nasce quando i valori della persona incontrano i valori del brand", cioè, aggiungerei io, quando si crea un mondo condiviso di esperienze, sensazioni e pensieri che oltrepassa i confini del tu e dell'io.
Il progetto nasce dalla volontà di comunicare l'orologio cronografo Monblanc, prodotto che vanta una storia molto particolare: la sua invenzione nasce dalla grafia, dalla scrittura a penna, nel senso che ogni secondo che passava veniva segnato su un foglio da un pennino imbevuto di inchiostro.
Da quest'idea prende vita il concept dell'intera campagna: un secondo per la vita di una persona vale tantissimo, può contenere emozioni, sogni, speranze, può raccontare qualcosa di noi e degli altri.
E questo concept prende il nome di "The beauty of a second", una campagna online in onore del primo cronografo creato da Nicolas Rieussec, campagna che vede Wim Wenders come protagonista invitare ciascuno di noi a catturare un secondo di bellezza autentica.
"Today everybody can be a filmaker", dice Wenders, raccontando la bellezza del cinema e la straordinaria capacità di una pellicola di rendere vivo ogni singolo secondo. E' un pensiero autentico e profondo che porta alla luce un'altra grande verità: la possibilità di ciascuno di farsi attore e regista della propria vita, di scattare, ritagliare, bloccare un secondo e immortalarlo per sempre, facendolo ricordo.



Uno spot che si trasforma in un momento di riflessione: la magia della comunicazione è anche questo. Ciò che esprime Robiglio con il termine insight: la scintilla della storia che nasce tra consumatore e brand e che diventa ancora più vera perché trae origine da una forma di filosofia di vita che va oltre il prodotto e crea engagement.
L'iniziativa ha riscosso un enorme successo grazie alla partecipazione di numerosi utenti i quali hanno pubblicato i loro film da un secondo sul sito e alla premiazione finale avvenuta il 14 marzo, lo stesso Wim Wenders ha consegnato i premi ai  tre vincitori.